40 - LA DIAGNOSI GENERICA, DI SPECIE E INDIVIDUALE DI SANGUE

Generalità. Il riscontro di macchie organiche durante un sopralluogo può innescare una lunga serie di accertamenti che, in una sequenza a cascata, hanno come obiettivo ultimo l'identificazione del soggetto da cui proviene la sostanza. I limiti della ricerca e dell'accuratezza dell'indagine sono dati dalla quantità di materiale a disposizione, dallo stato di conservazione e per ultimo dal livello tecnologico del laboratorio.

Il materiale da esaminare può presentarsi ancora fluido, in gocce o in pozze più o meno grandi, per cui può essere raccolto con una pipetta, può essere in macchie molli e deve essere raccolto con spatole o lamette, può essere essiccato e quindi va raccolto o con nastro adesivo, se si stacca facilmente dal piano d'appoggio, o mediante raschiatura, in caso contrario. Il materiale può essere penetrato in abiti, tendaggi, rivestimenti di poltrone o moquette nel qual caso va asportato in toto con un campione del tessuto assorbente su cui fare analisi di confronto per evidenziare reazioni aspecifiche.

Diagnosi generica di sangue. Mira a stabilire se il materiale in esame è sangue o un'altra sostanza.

Indagini morfologiche. Ricercano le emazie all'esame microscopico. Sono possibili gli strisci su vetrino in caso di materiale fluido fresco, oppure facendo una sospensione in soluzione fisiologica di materiale appena coagulato.

I tessuti assorbenti possono essere osservati dopo colorazione con ematossilina-eosina degli elementi corpuscolati, le croste vengono esaminate mediante l'applicazione di albumina glicerinata o celloidina, queste formano una pellicola che, staccata, asporta uno strato veramente superficiale del materiale che si può esaminare al microscopio come una sezione microtomica.

Se è possibile è utile anche l'esame citometrico con indicazioni sulla forma e dimensioni dei globuli. Gli eritrociti vanno incontro ad una emolisi o ad una conglutinazione, restano ancora visibili al microscopio elettronico o con il metodo della ridistensione. I leucociti sarebbero osservabili anche dopo mesi, ma la loro presenza è abbondante solo in essudati flogistici.

Reazioni di microcristallizzazione. Particolari reattivi confermano la natura ematica del materiale mediante la formazione di cristalli di emina ed emocromogeno che possono essere osservati al microscopio applicando un microspettroscopio. E' un metodo superato perchè: a) i cristalli si formano bene solo in sostanze pure, altrimenti sono incompleti ed irregolari; b) si dovrebbero misurare anche gli angoli di cristallizzazione, ma la valutazione diventa empirica, soprattutto per il punto precedente; c) la quantità di materiale richiesta per la reazione è notevolmente superiore a quella di altri metodi ben più accurati.

Metodi chimici. Formano la base dei metodi di orientamento.

1) Acqua ossigenata addizionata ad una sostanza riducente (con piccole varianti a seconda se benzidina, oggi "sconsigliata" perchè cancerogena, leucoverde di malachite, fenolftaleina ecc.) si colora in presenza del gruppo prostetico dell'emoglobina che funge da catalizzatore. False positività sono date da fermenti respiratori di germi, frutta (banane, mele) o dalla presenza di ossidanti diretti (permanganato di potassio), false negatività avvengono se l'emoglobina è degradata ad ematoporfirina senza il gruppo prostetico.

2) Test al luminol: spruzzato su sostanze ematiche, in presenza di perborato, modicamente ossidante, dà luogo ad una luminescenza che decade e non inquina la traccia.

3) Cromatografia ascendente su strato sottile: su un foglio di carta speciale si mettono gocce di una soluzione del materiale da esaminare (l'idrato di ammonio è molto efficace come solvente, poi, evaporando l'ammoniaca, rimane solo acqua), di sangue, di pigmenti ematici e di altre sostanze di controllo (tutte trattate con idrato di ammonio); si pone la striscia in piedi in un recipiente chiuso con nel fondo la soluzione di scorrimento, costituita, in genere, da benzene o metanolo, acetone ed acqua. La soluzione viene assorbita per capillarità e, a seconda della solubilità, si ha una migrazione differenziata sul fronte del solvente. Dopo 10 m' si toglie la carta e la si riscalda in autoclave secca a 100°C per eliminare le ossidasi vegetali (le perossidasi sono termostabili), quindi si esamina con luce ultravioletta per mettere in rilievo cromogeni del rossetto o ematoporfirine, successivamente si spruzza sulla superficie una soluzione come al punto 1), si formeranno degli "spot" colorati in presenza di emoglobina. Il coefficiente di ripartizione Rf, cioè il rapporto fra il percorso effettuato e la distanza fra deposito e fronte, è costante per ogni sostanza, dipendendo dalla temperatura ed umidità ambientale. Il confronto con i controlli permetterà di identificare la sostanza come emoglobina, metaemoglobina, carbossiemoglobina, ecc.

Diagnosi specifica di sangue. E' indirizzata a stabilire la specie cui appartengono le tracce di sangue.

Indagini morfologiche. Dà indicazioni grossolane utilizzando le differenze morfologiche esistenti tra i globuli rossi delle diverse specie animali: sono sferici ed anucleati nella maggior parte dei mammiferi, ellittici e nucleati negli uccelli, nei rettili e negli anfibi.

Indagini immunologiche. Utilizzano dei sieri antiuomo ottenuti immunizzando animali con siero umano. Il siero antiuomo non reagisce solo con le proteine ematiche, ma anche con altri liquidi biologici e tessuti umani. Poichè esistono delle reazioni crociate con animali antropologicamente vicini all'uomo, l'antisiero deve essere preventivamente adsorbito con proteine animali.

Gli antisieri possono essere ad alta o bassa affinità proprio per l'eterogeneità dei cloni plasmacellulari producenti, e sono diretti contemporaneamente contro un grande numero di antigeni; è possibile oggi la produzione di anticorpi monoclonali, utilissimi per l'identificazione di specifici antigeni, meno utili per la diagnosi di specie, stante la non uniforme distribuzione di singoli antigeni nella specie umana.

Le proteine sono molto resistenti all'invecchiamento ed alle alte temperature, sono invece facilmente denaturate dall'azione di agenti chimici e dalla digestione da parte dei batteri della putrefazione.

1) Reazione zonale o precipitante. Usata dai veterinari su estratti di carne, è stata adeguata anche alle necessità medico-legali, pur rimanendo una reazione grossolana, scarsamente affidabile, di interpretazione soggettiva. Ad una soluzione ben filtrata del materiale in esame, posta in una provetta, si aggiunge, mediante una pipetta capillare appoggiata sul fondo, l'antisiero; questo, stratificato sul fondo, viene a contatto con la soluzione in esame e, in caso di positività, forma, in pochi minuti, un anello opalescente di immuno-complesso precipitato.

2) Reazione di Ocitorne. E' un'evoluzione del precedente: in una provetta, fra il reattivo posto sul fondo e la soluzione da esaminare, viene messo uno strato di agar nel cui contesto si forma la precipitazione, con tante bande di intorbidamento a seconda delle dimensioni delle proteine e della loro diffusibilità nei capillari agar; si possono distinguere le albumine dalle globuline. Se la reazione è negativa l'agar rimane traslucido.

3) Immunodiffusione radiale semplice o precipitazione in agar. In una piastra di agar dello spessore di 1-2 mm si scavano due pozzetti, in uno si pone una goccia di soluzione in esame, nell'altro l'antisiero. In caso di positività, nei punti d'incontro dei fronti di diffusione, si formano alcuni baffetti di precipitazione (uno solo in caso di antisiero monoclonale). E' molto sensibile e può essere letto dopo due tre ore. Il lisozima, che ha punto isoelettrico 10, può però precipitare solo in virtù di cariche elettrostatiche nell'incontro con idrato di ammonio usato come diluente. Se in una piastra di agar si pone la soluzione in esame in sei pozzetti periferici, agli angoli di un esagono e l'antisiero al centro, si formano dei cerchi concentrici di precipitazione senza incroci dei singoli baffi: questa è detta reazione di identità.

4) Immunoelettroforesi. In una piastra di agar si pone la soluzione da esaminare in un pozzetto, quindi si applica un campo elettrico, le componenti proteiche migreranno verso l'anodo o verso il catodo in ragione della loro carica elettrica e del pH della soluzione (a pH 8 le gamma globuline non si muovono, a pH 10 migrano in senso opposto alle albumine). In una trincea scavata parallelamente alla linea di migrazione si versa l'antisiero: si formeranno degli archi di precipitazione più o meno intensi che permettono di identificare le albumine, le alfa1, alfa2, beta e gamma globuline, eventualmente confermate con sieri specifici.

Questo esame è importante anche per stabilire la cronologia della macchia in quanto le varie frazioni plasmatiche si denaturano in tempi successivi.

5) Elettroferesi controcorrente o elettrosineresi. Trova applicazione soprattutto nella ricerca dell'AgAu, ma è utile anche come esame di specie: in due pozzetti di una piastra di agar si pongono l'antisiero e la soluzione da testare, si applica una forza elettrica consistente, le albumine e le alfaglobuline si muovono regolarmente, mentre le beta e le gamma globuline sono trascinate in senso opposto dalla corrente ionica dei sali, le gamma globuline dell'antisiero quindi incontrano e reagiscono con le albumine e le alfa1 ed alfa2 globuline della soluzione, mentre non raggiungono le gamma globuline della soluzione; nel punto di incontro si ha una grossa concentrazione di antigeni-anticorpi, per cui è aumentata la sensibilità della reazione. I risultati sono visibili dopo appena 10 minuti.

6) Consumo dell'antiglobulina. Dopo 1-2 mesi le albumine non sono più evidenziabili, uniche determinabili sono le gamma globuline, che sono poche, scarsamente solubili e sfuggono all'elettrosineresi.

In una soluzione del materiale in esame si mette si mette siero monoclonale con anticorpi antigammaglobuline, quindi si aggiunge il sistema rilevatore costituito da globuli rossi umani 0 Rh+ trattati con anticorpi antiD. Se i globuli rossi non agglutinano significa che gli anticorpi antigammaglobuline sono stati già consumati dalla soluzione, altrimenti vi è una agglutinazione parziale o totale. Il test è estremamente sensibile e specifico, si deve comunque verificare se esistono interferenze a causa del substrato.

7) Deviazione del complemento. Concettualmente analogo al precedente, oltre al siero antiuomo si aggiunge del complemento, quindi il sistema rilevatore costituito da emazie umane rivestite di gammaglobuline, se le emazie non emolizzano significa che il complemento è già stato utilizzato dalla reazione antigene-anticorpi antiuomo.

8) Si sono introdotte tecniche di amplificazione delle risposte marcando gli anticorpi con sostanze fluorescenti, radioattive o enzimatiche. Purtroppo la loro altissima sensibilità mette in evidenza anche il background di positività da interferenza elettrostatica: mentre per i liquidi organici si conosce il background a priori, questo non si verifica per materiali estratti da macchie da identificare.

Diagnosi di sesso. Da macchie di sangue il sesso può essere identificato partendo dai granulociti neutrofili mediante la ricerca della cromatina di Barr, corrispondente alla presenza XX, oppure colorando il cromosoma Y con cloridrato di chinacrina. Quest'ultima reazione permane positiva anche per 4-6 settimane.

Diagnosi individuale di sangue. E' una diagnosi delle caratteristiche gruppo-specifiche di marcatori genetici o non genetici (HBsAg) ed è pertanto una ricerca per esclusione, richiede lo studio dei caratteri eritrocitari, dei caratteri leucocitari e dei caratteri sierici. Si tratta di antigeni di membrana, enzimi, sistema HLA (determinato a livello leucocitario, ma presente in tutte le cellule dell'organismo), proteine sieriche. La variazione di un singolo aminoacido può modificare le caratteristiche elettroforetiche, enzimatiche o antigeniche dell'intera molecola. Il "polimorfismo" proteico dipende a sua volta da un "polimorfismo" del DNA secondario a mutazioni. Nelle tracce di sangue molte sostanze vanno perdute altre vanno incontro a progressiva degradazione, questo può simulare un polimorfismo proteico.

CARATTERI EREDITARI GRUPPO-SPECIFICI

ERITROCITARI

LEUCOCITARI

SIERICI

Ag di membr.

Enzimatici

Polimorfismi

 

A1A2B0

Fosf. acida

HLA e DNA

Aptoglobine

Rhesus

Fosfoglucomutasi

 

Alfa-2-glob. Gc

MNSs

Adenilatochinasi

 

Gamma G glob

P

Adenosin-desaminasi

 

IgG, IgM, IgA

Kell

GPT

 

Beta-lipoprot.

Duffy

6-PGD

 

C3 del compl

ecc.

Gliossilasi

   

Antigeni del sistema AB0 e dei sistemi affini. Sono localizzati su catene glicoproteiche ed hanno la caratteristica comune di essere dimostrabili non solo sulle emazie, ma anche in forma solubile in liquidi di secrezione, sono riconosciuti da anticorpi "naturali", cioè esistono indipendentemente da ogni stimolazione antigenica conosciuta.

a) Sistema AB0. E' determinato da tre alleli principali, A, B, e 0, di cui A è costituito da una serie di varianti: A1 (79%) e A2 (20%) sono i più frequenti, A3, A4, A5, Am, Ax, Aend, Ael sono molto rari, ma hanno un discreto interesse medico legale.

E' stato riscontrato, sia pur eccezionalmente, il fenotipo "Cis AB", trasmesso da un solo complesso genico su uno stesso cromosoma

Ogni individuo eredita due geni, uno da ciascun genitore, con il cromosoma 9; il gene 0 è recessivo rispetto a tutti, A2 è recessivo solo rispetto ad A1, quest'ultimo e B sono codominanti.

ITALIA

ZONA\GRUPPI

0

A

B

AB

SETTENTRIONE

40%

44%

11%

5%

CENTRO

39%

45%

12%

4%

MERIDIONE

41%

19%

28%

12%

La distribuzione antropologica dei gruppi 0-A-B-AB non è uguale per tutte le popolazioni: il gruppo 0 sfiora il 95% fra le popolazioni del Centro e Sud America, il gruppo B, rarissimo in America, aumenta dall'Europa all'Asia, in Africa sono molto frequenti i gruppi B e 0, in Italia vi è questa ripartizione:

A e B determinano degli antigeni che non sono specifici dell'uomo, ma sono condivisi anche da germi che possono inquinare i rilievi sulle tracce. Assenti alla nascita, in tutti i soggetti si formano, nei primi anni di vita, degli anticorpi selezionati in base allo schema genetico: il gruppo 0 possiede anticorpi anti A, anti B e anti AB; il gruppo A possiede anticorpi anti B; il gruppo B anticorpi anti A; il gruppo AB non possiede anticorpi. 0 si comporta come gene amorfo, cioè non induce alcun antigene.

b) Sistema H. Un gene H agisce su una sostanza primordiale (sostanza X del pneumococco) che porta alla sintesi della sostanza H, questa viene poi elaborata dai geni A e B per differenziare i rispettivi agglutinogeni, nel gruppo 0 la sostanza H rimane invariata. Per quanto attivi siano i geni A e B non tutta la sostanza H viene trasformata, per cui si ritrova in quantità più o meno rilevante in tutti i soggetti e nessuno produce anticorpi anti H. A Bombay, in seguito a mutazione è andato perduto il gene H, trasformato in h, incapace di agire sulla sostanza X. Le poche decine di soggetti omozigoti, hh, sono incapaci di manifestare un eventuale agglutinogeno A o B ed appaiono di gruppo 0, oltre alle agglutinine anti A ed anti B essi producono una potente agglutinina anti H che agglutina le emazie 0.

In un procedimento per disconoscimento della paternità capitò che da due genitori di gruppo 0 nacque un figlio di gruppo B; il padre era in effetti 0, h di Bombay potenzialmente B, la madre era 0 H normale, il figlio, ereditando almeno un H normale riuscì a manifestare il gruppo B.

- Sistema Sese. Gli antigeni A e B possono essere dimostrati sulle membrane di numerose cellule dell'organismo umano inoltre in forma solubile nel plasma o nei secreti delle cellule mucose (saliva, sudore, sperma). La capacità di secernere la componente glicoproteica nei secreti è condizionata dalla presenza di un gene "Se", che permette l'espressione del gene H nelle secrezioni ed è dominante rispetto al gene "se". Gli omozigoti sese (20% della popolazione) "non secretori" non permettono l'espressione dei geni A e B mancando il substrato H.

c) Sistema Lewis. Un gene Le elabora la struttura Le(a), l'allelo "le" è amorfo. Il gene H, in presenza del gene Se, agisce su Le(a) per la sintesi della struttura composta Le(b). Questi antigeni non sono sintetizzati direttamente dall'eritroblasto, ma sono antigeni idrosolubili che si ritrovano nei secreti e vengono acquisiti passivamente dalle emazie. Sono possibili solo tre fenotipi, identificati da 2 antisieri, anti Le(a) e anti Le(b): Le(a+b-)=20% Le(a-b+)=70% Le(a-b-)=10%.

Le agglutinine specifiche, selezionate in base al "self", sono presenti in piccola quantità per cui sono rari gli incidenti trasfusionali sia per il blocco degli anticorpi effettuato dalla parte antigenica plasmatica, sia per la rapida perdita degli antigeni (si risolubilizzano) da parte delle emazie.

d) Antigene I. L'antigene I si esprime solo nell'età adulta; sono estremamente rari i soggetti adulti I negativi, che sviluppano un alloanticorpo naturale anti I. La maggior parte degli anti sieri in uso derivano da soggetti con malattie autoanticorpali (malattia delle agglutinine fredde).

e) Sistema P. Molto simile al sistema AB0, è caratterizzato da:

P1, dominante, quasi l'80% dei soggetti, senza anti P;

P2, recessivo rispetto a P1, 20%, con anti P1 poco attivi;

pp, recessivo, raro, con anti P + P1 molto attivi;

pk1 e pk2, varianti eccezionali.

Antigeni del sistema Rh ed affini. Sono caratterizzati dalla comparsa di anticorpi dopo una somministrazione accidentale di antigeni.

a) Sistema Rhesus classico. Deriva da aplotipi composti da tre loci estremamente vicini e pertanto con rari episodi di crossing over.

- primo locus : D o d;

- secondo locus: C o c;

- terzo locus : E o e.

Sono state poi identificate numerose, ma rare varianti antigeniche.

Tutti i geni sono codominanti, e condizionano la presenza di antigeni sulle emazie, che possono essere evidenziati con l'uso di anti sieri specifici, tranne il d (identificato per esclusione di D), che è quindi ritenuto amorfo oppure responsabile di un precursore ubiquitario (analogamente al gene H) su cui agirebbero gli altri geni. Da un punto di vista clinico solo il D ha mostrato quella capacità antigenica spiccata che ha condizionato molti errori trasfusionali; per cui nelle sacche di sangue viene indicato fattore Rh (D) (pos/neg), e solo in caso di negatività viene fatta la ricerca di antigeni C ed E.

L'uso dei cinque antisieri ha permesso di identificare vari fenotipi a cui corrispondono più genotipi possibili:

Fenotipo

Frequenza

Genotipi probabili

Aplotipi più comuni

CcDee

40%

DCe/dce; Dce/dCe

DCe 41%

CCDee

16%

DCe/Dce; DCe/dCe

 

CcDEe

16%

DCe/DcE; DCe/dcE; DcE/dCe; DCE/dcE

DcE 14%

ccdee

13%

dce/dce

dce 39%

Le combinazioni due a due dei tre aplotipi più comuni costituiscono più del 95% dei genotipi osservati.

b) Sistema Kell. E' strutturato, analogamente al sistema Rh, in tre loci strettamente legati, con 5 principali aplotipi:

Aplotipi:

kb

Kb

ka

Ks

k0

 

k

K

k

k

-

 

Kpb

Kpb

Kpa

Kpb

-

 

Jsb

Jsb

Jsb

Jsa

-

- primo locus :

K o k

- secondo locus:

Kpa o Kpb

- terzo locus :

Jsa o Jsb

Solo i primi due aplotipi sono correntemente riscontrati, l'aplotipo ka, che dà origine all'antigene Kpa sembra esistere solo nella razza bianca, l'aplotipo ks, che dà origine all'antigene Jsa, sembra esistere solo nella razza nera, il complesso amorfo k0 è eccezionale.

Ad un livello più semplificato, considerando solo il primo antigene, i soggetti Kell negativi (kk) rappresentano il 91%, e sviluppano facilmente anticorpi anti Kell; i rari soggetti omozigoti KK possono immunizzarsi contro l'antigene k (di Cellano):

Fenotipo

Genotipo

Frequenza

Complessivamente

K- k+

kk

91%

k positivi 99,8%

K+ k+

Kk

8,8%

 

K+ k-

KK

0,2%

K positivi 9%

c) Sistema Duffy. E' costituito da due alleli principali con espressività antigenica ed un allele amorfo, la reattività antisierica ha permesso di distinguere:

Fenotipo

Genotipo

Frequenza

Complessivamente

Fy(a+ b-)

Fya/Fya

20% (bianchi)

Fya positivi 66%

Fy(a+ b+)

Fya/Fyb

46% (bianchi)

Fyb positivi 80%

Fy(a- b+)

Fyb/Fyb

34% (bianchi)

 

Fy(a- b-)

Fy/Fy

70% (negri)

 

Il gene Fy amorfo esiste anche nella razza bianca (2%), per questo si deve sempre considerare che Fya positivi e Fyb positivi possono avere un genotipo Fya/Fy o Fyb/Fy rispettivamente.

d) Sistema Kidd. Analogo al sistema Duffy, con due alleli principali ad espressività antigenica ed uno amorfo molto raro.

Fenotipo

Genotipo

Frequenza

Complessivamente

Jk(a+ b-)

Jka/Jka

26%

Jka positivi 76%

Jk(a+ b+)

Jka/Jkb

50%

Jkb positivi 74%

Jk(a- b+)

Jkb/Jkb

24%

 

Altri marcatori genetici con scarsa valenza clinica. Hanno scarse capacità immunogene e raramente possono essere coinvolti in incidenti da alloimmunizzazione; hanno importanza medico-legale.

a) Sistema MNSs. E' costituito da 2 loci occupati da due coppie di alleli:

- primo locus : M o N;

- secondo locus: S o s.

Sono stati poi descritti sia antigeni satelliti (Hu, Hc, Nya, ecc.), testimonianti la presenza di subloci legati, sia alleli varianti, rari, (M1, M', Su, Mg, Mk) che agirebbero su un substrato N (sovrapponibile ad H per A e B). La presenza di alleli varianti, soprattutto Mg per l'Europa, può condizionare degli errori di identificazione se il siero viene testato solo con anti M ed anti N.

Fenotipo

Genotipo

Frequenza

MS

MS/MS

5,7%

MSs

MS/Ms

14,0%

Ms

Ms/Ms

10,1%

MNS

MS/NS

3,9%

MNSs

MS/Ns

22,4%

MNs

Ms/Ns

22,6%

NS

NS/NS

0,3%

NSs

NS/Ns

5,4%

Ns

Ns/Ns

15,6%

b) Sistema Xg. L'antigene Xga è l'unico del sistema gruppo-ematico legato a cromosomi sessuali, nella fattispecie l'X, con tutte le particolarità che la trasmissione diaginica comporta.

 

Fenotipo

Genotipo

Frequenza

Complessivamente

Maschi

Xg(a+)

Xga/Y

66,2%

idem

Xg(a-)

Xga-/Y

33,8%

idem

Femmine

Xg(a+)

Xga/Xga

43,8%

Xg(a+) 88,6%

Xg(a+)

Xga/Xga-

44,8%

 

Xg(a-)

Xga-/Xga-

11,4%

Xg(a-) 11,4%

-Alcune metodiche di laboratorio. L'identificazione delle tracce di sangue può essere fatta ricercando sia gli agglutinogeni che le agglutinine.

La ricerca delle agglutinine AB0 non sarebbe difficile, ma la loro quantità nelle tracce è scarsa, vanno incontro facilmente ad insolubilizzazione prima ed a denaturazione poi (dopo 4 mesi non se ne trovano più). Si testano con globuli rossi di gruppi noti e si verifica l'avvenuta agglutinazione:

A1

A2

B

0

INTERPRETAZIONE GRUPPO

+

+

+

+

0 h di Bombay o panagglutinazione batterica

+

+

+

-

0

-

+

+

-

0

+

-

+

-

A2 con anticorpi anti A1

-

-

+

-

A, ma potrebbe aver perso gli anti A ed essere 0

+

+

-

-

B, ma potrebbe aver perso gli anti B ed essere 0

-

-

-

-

AB (5%); è più probabile la perdita di agglutinine (può essere A, B, 0)

 

Se la macchia è fresca la specificità è assoluta, altrimenti, l'interpretazione del test diventa indaginosa. Le macchie secche vengono solubilizzate a 40°C con una soluzione di albumine ovine, che preservano gli antigeni dai saponi che si formano sulle membrane e dai grassi ad effetto emolizzante, ma riducono l'attività delle agglutinine, lo stesso avviene ad opera dei liquidi antisettici addizionati.

La ricerca degli antigeni è resa difficile dal fatto che i globuli rossi sono emolizzati, quindi non possono essere evidenziati in modo diretto.

a) Reazione assorbimento-inibizione. Antisieri accuratamente titolati in provette a diluizioni progressive, 1/2, 1/4, 1/8, 1/16, 1/32, ecc., vengono posti a contatto con il materiale in esame finemente polverizzato. Gli agglutinogeni delle emazie assorbono gli anticorpi del reattivo riducendone il titolo. La doppia titolazione è soggetta ad errori, inoltre le quantità di materiale, sempre esigue, possono determinare variazioni altrettanto esigue e quindi non significative (almeno 2-3 diluizioni). Il metodo è molto efficace per la ricerca di antigeni nella saliva, sperma o secreto vaginale.

b) Reazione assorbimento-eluizione. Il materiale in esame viene incubato con un siero ad alto titolo, in modo che la maggioranza degli anticorpi si leghi agli antigeni con un solo sito attivo. Il materiale viene quindi ripetutamente lavato per allontanare tutti gli anticorpi non legati, successivamente viene portato a 56°C a bagnomaria per 10 m' dopo l'aggiunta di qualche goccia di soluzione fisiologica. Poichè la reazione antigene-anticorpo è esotermica, il riscaldamento provoca il distacco degli anticorpi (con il doppio sito agganciato sono necessari 100 °C) nella soluzione fisiologica ed essere successivamente evidenziati da un sistema rilevatore. Il metodo può dimostrare l'antigene in 10 gamma di sangue, è talmente sensibile che in materiali come saliva e secreto vaginale finirebbe per dosare anche i germi (per tali materiali è preferibile l'assorbimento-inibizione). Il passaggio più delicato, fonte di errori diagnostici, è rappresentato dal lavaggio del materiale.

Enzimi eritrocitari e sierici. Differenze nella struttura primaria di una singola catena polipeptidica, per la sostituzione di un solo aminoacido, determinato da una mutazione genica può comportare una modifica delle caratteristiche antigeniche e/o elettroforetiche della catena stessa; questo rappresenta la base del polimorfismo delle proteine del siero e degli enzimi eritrocitari. Il modello di trasmissione ereditaria di questi polimorfismo è generalmente assai semplice, essendo costituito da due o più alleli codominanti ad uno stesso locus, salvo l'eccezione di alleli amorfi o recessivi.

ENZIMI ERITROCITARI

GRUPPI SIERICI

IMMUNOLogici

ELETTROFORETICI

(AcP) Fosf. acida

Gm) Catena pesante IgG

(Hp) Aptoglobine

(PGM1) Fosfoglucomutasi

(Km) Catena leggera IgG

(Gc) Alfa-2-glob

(AK) Adenilatochinasi

 

(Tf) Transferrina

(ADA) Adenosin-desaminasi

 

(Pi) alfa1antitripsina

(GPT) Glutamicopiruvicodeidrogenasi

 

(Lp-Ag) Lipoproteine

(6-PGD) 6fosfogluconatodeidrogenasi

 

(C3) fatt. 3 del compl

(GLO-I) Gliossilasi

   

(EsD) Esterasi D

   

Le indagini elettroforetiche, associate a metodiche di rilevazione basate su reazioni enzimatiche, hanno permesso di evidenziare numerosi polimorfismi anche tra gli enzimi eritrocitari, secondarie a varianti genetiche, e quindi a trasmissione ereditaria, che possono essere utilizzati sia per l'identificazione personale che nelle ricerche sulla paternità.

Il sistema PGM è costituito da tre loci indipendenti di cui si utilizzano in genere solo il PGM1(+ o -) ed il PGM2(+ o -), l'AcP è ad un solo locus con tre alleli noti P(a,b,c), anche gli altri enzimi sono ad un solo locus con due alleli noti, a frequenze discretamente bilanciate, dnno risultati utili ai fini della identificazione.

Dei fattori sierici il sistema Gm, con determinanti antigenici situati sulla catena pesante delle IgG, è sotto il controllo di tre loci, ma nella pratica sono disponibili solo pochi antisieri, per cui si considera costituito solo da due alleli codominanti, (a) e (b).

Il sistema Km è assai semplice, condiziona la presenza o l'assenza di un antigene Km1 sulle catene leggere K delle immunoglobuline.

Le aptoglobine sono alfa-2-glicoproteine che veicolano l'emoglobina. Il polimorfismo dipende da due geni autosomici, Hp1, nelle varianti Hp1s ed Hp1F, ed Hp2, tra loro codominanti.

Il componente gruppo specifico Gc (veicola la vit. D) sembra determinato da due alleli codominanti, Gc1 e Gc2.

Le transferrine sono glicoproteine che legano il ferro, sono controllate da almeno 20 alleli, ereditati come caratteri mendeliani semplici.

Tra le lipoproteine sono stati identificati determinanti antigenici capaci di stimolare reazioni anticorpali, Lp(a), Lp(x) ed Agx, Agy, alleli fra di loro.

Vari elementi del Complemento ed in particolare della frazione 3, hanno uno spiccato polimorfismo elettroforetico.

La determinazione dei fenotipi si esegue mediante immunoelettroforesi in vari substrati o mediante la isoelettrofocalizzazione.

Antigeni leucocitari umani (HLA). Tutte le cellule nucleate dell'organismo presentano degli antigeni di membrana che permette il riconoscimento del "self" dal "non self" e la distruzione di quest'ultimo da parte delle cellule immunocompetenti; il più importante complesso di geni che codifica tali antigeni è definito Sistema Maggiore di Istocompatibilità e nell'uomo corrisponde al complesso HLA. Si trova nel braccio corto del cromosoma 6 ed è costituito da 3 classi fondamentali molto vicine fra di loro.

I geni della I classe sono distinti in tre loci, A, B e C; i corrispondenti antigeni A, B e C sono presenti, in quantità maggiore o minore, su pressochè tutte le cellule dell'organismo e rappresentano il bersaglio delle reazioni immunitarie durante il rigetto da omotrapianti, ma soprattutto consentono il riconoscimento di antigeni estranei che compaiono sulle membrane di cellule infettate da virus o neoplastiche.

I geni della II classe sono distinti in tre loci principali, DP, DQ, DR, e DZ/DO ancora poco caratterizzato. Gli antigeni corrispondenti sono presenti essenzialmente su cellule del sistema immunitario, linfociti B, macrofagi, monociti, linfociti T attivati, cellule epiteliali del timo e permettono la comunicazione fra tali cellule nella fase di decodifica degli antigeni e di codifica degli anticorpi.

I geni della III classe controllano la produzione dei fattori del complemento.

Tutti i geni HLA sono codominanti ed ogni locus presenta numerosi alleli nella popolazione (quasi 50 per il locus B; un gene variante si definisce allele polimorfo quando è presente in almeno l'1% della popolazione), dando origine ad una miriade di genotipi.

A

B

C

D

DR

DQ

DP

A1

Bw4 Bw48

Cw1

Dw1

DR1

DQw1

DPw1

A2

B5 B49

Cw2

Dw2

DR2

DQw2

DPw2

A3

Bw6 Bw50

Cw3

Dw3

DR3

DQw3

DPw3

A9

B7 Bw51

Cw4

Dw4

DR4

DQw4

DPw4

A10

B8 Bw52

Cw5

Dw5

DR5

DQw5

DPw5

A11

B12 Bw53

Cw6

Dw6

DRw6

DQw6

DPw6

Aw19

B13 Bw54

Cw7

Dw7

DR7

DQw7

 

A23

B14 Bw55

Cw8

Dw8

DRw8

DQw8

 

A24

B15 Bw56

Cw9

Dw9

DR9

DQw9

 

A25

B16 Bw57

Cw10

Dw10

DRw10

   

A26

B17 Bw58

Cw11

Dw11

DRw11

   

A27

B18 Bw59

 

Dw12

DRw12

   

A28

B21 Bw60

 

Dw13

DRw13

   

A29

Bw22 Bw61

 

Dw14

DRw14

   

A30

B27 Bw62

 

Dw15

DRw15

   

A31

B35 Bw63

 

Dw16

DRw16

   

A32

B37 Bw64

 

Dw17

DRw17

   

Aw33

B38 Bw65

 

Dw18

DRw18

   

Aw34

B39 Bw67

 

Dw19

DRw52

   

Aw36

B40 Bw70

 

Dw20

DRw53

   

Aw43

Bw41 Bw71

 

Dw21

     

Aw66

Bw42 Bw72

 

Dw22

     

Aw68

B44 Bw73

 

Dw23

     

Aw69

B45 Bw74

 

Dw24

     

Aw74

Bw46 Bw76

 

Dw25

     
 

Bw47 Bw77

 

Dw26

     

(w=Workshop è usato per le identificazioni provvisorie).

Mentre il polimorfismo proteico è basato sullo scambio in genere di un solo o pochi aminoacidi (variazioni superiori sono speso incompatibili con la funzione), gli antigeni HLA differiscono anche per il 10% degli aminoacidi.

I vari loci sono molto vicini e questo rende relativamente improbabile un crossing over (2%), per cui tutto il sistema viene trasmesso in blocco come aplotipo. Studiando le frequenze relative dei singoli alleli è stato osservato che alcune delle combinazioni possibili nei vari aplotipi aveva frequenze di gran lunga superiore a quella attesa, è presente cioè un linkage disequilibrium. E' stato ipotizzato in proposito che altri tipi di linkage condizionino una accentuata sensibilità verso determinate patologie ed abbiano pertanto subito una selezione negativa (si pensi alle popolazioni delle Americhe, dove erano diffusi i matrimoni fra consanguinei, letteralmente falcidiate dalle comuni malattie infettive europee); d'altronde sono note molte associazioni di malattie con determinati alleli dell'HLA.

- Tecniche di tipizzazione. Per la tipizzazione A,B,C di solito è sufficiente partire da 5 ml di sangue (5-10 x 106 di linfociti di individui sani), ma in caso di necessità sono sufficienti 500.000 cellule (0,5-1 ml). Se invece è necessario separare i linfociti B (tipizzazione DR, DQ) bisogna partire da almeno 10 ml di sangue. E' quindi evidente che questa tecnica, utilissima nelle ricerche di paternità, mal si presta all'identificazione personale, partendo da tracce di scarse quantità, conservate in modo insoddisfacente.

Anticorpi anti HLA possono essere ottenuti da alloantisieri policlonali oppure mediante la produzione di anticorpi monoclonali specifici. Attualmente sono utilizzati antisieri provenienti da soggetti immunizzati con trasfusioni di sangue, trapianti d'organo o gravidanze multiple (sangue retroplacentare).

Gli alloantisieri sono polispecifici, gli anticorpi monoclonali sono in grado di legarsi a molecole diverse che presentano lo stesso determinante antigenico (reazione crociata), dapprima si restringe il campo di ricerca mediante sieri polispecifici, quindi si procede alla tipizzazione con i monoclonali.

La reazione di tipizzazione è basata nella linfocitotossicità del complesso antigene-anticorpo in presenza di complemento, è necessario quindi l'uso di cellule con una vitalità almeno del 90%; la lettura del risultato viene infatti espressa in base alla percentuale di cellule morte:

1=0-10% di cellule morte (reazione negativa);

2=20-30% di cellule morte (dubbio negativo);

3=40-50% di cellule morte (dubbio positivo);

4=60-80% di cellule morte (reazione positiva);

5=80-100% di cellule morte (r. fortemente positiva).

Cause di errore possono essere: background di cellule morte superiore al 15-20%; lotto di complemento ad attività anomala; deviazione del complemento da immunocomplessi presenti nel siero; inattivazione del complemento con EDTA.

Un background di mortalità aspecifica elevata (30-40%) può essere superato mediante la fluorocromasia: i linfociti vengono pretrattati con diacetato di fluoresceina, solo i linfociti vivi trasformano il composto in acetato di fluoresceina, fluorescente. Le cellule che vengono uccise dalla reazione di linfocitotossicità rilasciano il composto fluorescente. Pertanto facendo un confronto con un pozzetto di controllo senza anticorpo si può valutare la reazione da 1 a 4:

1=nessun decremento della % di cellule fluorescenti;

2=diminuzione del 40-50% di cellule fluorescenti;

3=diminuzione del 60-80% di cellule fluorescenti;

4=nessuna fluorescenza residua.

Tecniche cellulari. Studiano direttamente la blastizzazione e la proliferazione linfocitaria di colture miste con cellule omozigoti o indirettamente mediante l'incorporazione di timidina triziata. Le specificità identificate con la tecnica di coltura mista linfocitarie sono denominate HLA-D (non è ancora chiara la corrispondenza con gli antigeni HLA-DR e DQ individuati sierologicamente); HLA-DP può essere evidenziato solo con tale tecnica per esclusione, quando avviene la blastizzazione pur con HLA-DR e DQ compatibili.

Polimorfismi del DNA. Ai polimorfismi antigenici fa riscontro il polimorfismo del DNA che degli antigeni portano l'informazione.

Lo studio di tali polimorfismi si è estremamente evoluto dal 1970 in poi, dopo la scoperta degli enzimi di restrizione, enzimi batterici che tagliano la doppia elica di DNA in corrispondenza in siti specifici identificati da una particolare sequenza di basi, ottenendo frammenti di DNA, che separati con elettroforesi, trattati con altri enzimi di restrizione o con il metodo (di Maxam e Gilbert) della rottura specifica delle purine o delle timidine con il dimetilsolfato e l'idrazina possono essere studiati in tutta la loro sequenza di basi.

Un determinato tratto di DNA, contenente dei geni particolari, può essere inserito, mediante un clonaggio, nel genoma di un plasmidio e quindi essere replicato dal plasmidio innumerevoli volte; se la moltiplicazione avviene con basi marcate anche le copie del DNA introdotto risulteranno marcate, recuperato il DNA, svolta l'elica mediante trattamenti fisici (calore), si ottengono frammenti di DNA marcati che hanno la capacità di ricombinarsi con tratti di DNA complementari, sono le sonde genetiche ricombinanti (DNA e RNA probes).

Tali sonde stanno dimostrando grande specificità e sensibilità tanto da mettere in evidenza anche singole differenze nucleotidiche fra due sequenze.

L'uso diagnostico delle sonde genetiche ricombinanti è in pieno sviluppo in campi come la genetica medica soprattutto nelle applicazioni alle malattie ereditarie, impiegando qualsiasi cellula nucleata dell'organismo per:

-la diagnosi di patologie a difetto biochimico ignoto;

-la diagnosi ad uno stadio presintomatico;

-la diagnosi prenatale;

-l'individuazione dei portatori;

-la distinzione fra forme fenotipicamente simili;

-l'analisi di patologie il cui gene non sia noto.

Oltre ai geni codificanti, esoni, il genoma umano è costituito per il 90% da tratti non codificanti, introni. Questi vasti tratti di genoma, detti minisatelliti, sono costituiti da brevi sequenze di basi ripetute più volte denominate core e distribuiti in modo irregolare, caratteristica ed a trasmissione mendeliana nei vari minisatelliti.

Il trattamento del DNA con enzimi di restrizione, la sua migrazione in un campo elettroforetico, la denaturazione a caldo e quindi l'ibridizzazione con sonde di DNA ricombinante radioattivo, specifiche anche per solo 4-5 core permette poi un'auto-radiografia, che mostra le bande del DNA secondo la distribuzione elettroforetica e la concentrazione dei core ricercati, e rappresenta una vera impronta del DNA (DNA-fingerprints), di polimorfismo eccezionalmente elevato. Il confronto fra bande autoradiografiche di DNA così trattato permette sia l'identificazione personale che la ricerca della paternità.

La limitazione della metodica è data dalla necessità di disporre di materiale organico recente ed in discreta quantità.

Un'altra metodica sofisticata e sensibile è rappresentata dalla reazione a catena della polimerasi (polymerase chain reaction, PCR), che consente di amplificare in vitro fino ad oltre 100 milioni di volte qualsiasi sequenza nucleotidica di dimensioni comprese entro le 4.000 paia di basi. Essa consiste in cicli ripetuti di duplicazione di una sequenza nucleotidica nota ad opera di una DNA polimerasi a partire da specifici punti di innesco costituiti da oligonucleotidi sintetici (primers), scelti in modo da essere complementari alle estremità del frammento da amplificare. L'introduzione di una DNA polimerasi termostabile ha reso possibile effettuare la reazione mediante cicli termici successivi (per separare le due eliche), in presenza di un eccesso di primers e di nucleotidi trifosfati, automatizzati mediante termostati programmabili (thermocycler).

Individuata una serie di sequenze del DNA rappresentanti polimorfismi caratteristici del soggetto sospettato reo di un delitto, si potrà dimostrare la presenza delle stesse sequenze, e quindi degli stessi polimorfismi, mediante la PCR, nel materiale oggetto di indagine rappresentato da tracce esigue di sangue, spermatozoi o pochi (1-5) capelli. La metodica è efficace anche in campioni di sostanza con DNA frammentato o degradato, tracce vecchie o fissate in formalina.

Tali indagini, che richiedono naturalmente strumentazioni adeguate e personale qualificato, sono già state utilizzate nella diagnostica medico-legale statunitense e britannica.

Diagnosi regionale di sangue. Il riconoscimento regionale è possibile mediante il riscontro di elementi caratteristici della regione di provenienza:

a) epiteli cilindrici, muco e vibrisse nell'epistassi;

b) epitelio cilindrico ciliato nell'emoftoe;

c) elementi fecali nelle emorragie rettali;

d) cellule epiteliali vaginali, elementi endouterini, muco, trichomonas vaginalis nel sangue mestruale;

e) elementi ovulari, tracce di meconio o vernice caseosa nel sangue da parto, aborto, puerperio.